Il primo e unico ultratrail che avevo corso prima di domenica 28 Gennaio era stato “Translagorai Classic” e, per dovere di cronaca, è stato per ora, il mio miglior DNF.
Che poi non c’è niente di male, capita e, anzi, non aver terminato TLC è un’ottima scusa per tornare a Trento, rivedere un po’ di amici e tentare nuovamente la traversata del Lagorai per portarmi a casa l’adesivo più desiderato della storia dell'Ultrarunning italiano.
In quell’occasione mi ritirai al rifugio Cauriol (non ringrazierò mai abbastanza Letizia e Chiara per avermi recuperato), letteralmente svuotato di ogni energia dopo circa 50km e più o meno 3000 D+ (che i più esperti mi correggano) ma, non lo saprò mai con certezza perché il mio GPS pensò bene di abbandonarmi dopo 12 ore (più o meno tra i laghetti di Lagorai ed il Cimon de la Sute).
Ma torniamo a noi e ai dubbi che mi assalgono la sera di sabato 27.
Dopo aver viaggiato, ritirato i pettorali e cenato insieme a Dario, Marco e Carletto, arriva il momento di andare a letto ed è lì che mi aspettavano i dubbi:” Ma domani, ce la farò? Sul Lagorai sono arrivato più o meno al 50° km con circa 3000 D+, distrutto e dopo una quantità di ore che nemmeno ricordo bene. Ricordo però che dopo 12 ore quando il GPS si spense, ero sì e no al 41° o 42° km e forse il dislivello era simile a quello che mi aspetta domani… saranno 45 km e 2300 D+ ed il tempo limite sarà di 10 ore. Sono più allenato, forse… certo non ho mai corso su dei dislivelli simili… ma ho tentato di fare del mio meglio…”
Per fortuna non sono il tipo che si fa togliere il sonno dai dubbi e così arriva finalmente il momento che aspettavamo.
Siamo lì, tutti e quattro schierati sulla linea di partenza, visibilmente felici ed eccitati, maglia del Team Camelot, zainetto contenente tutto il materiale obbligatorio che nessuno ha mai controllato: cappellino, guanti, collo (della MarathonTruppen) e manicotti. CI guardiamo, ci scambiamo un doppio cinque ed un “in bocca al lupo” promettendoci di rivederci alla fine e… cinque, quattro, tre, due, uno VIAAAAAAAAAAAA!
Si parte, ed è come al solito una grande emozione.
Dopo poco più di un km ci siamo già persi di vista, ma fa parte del gioco e ci va bene così, l’obiettivo è quello di rivederci al traguardo. In fondo “non importa a nessuno quando si va forte, l’importante è soffrire tutti allo stesso modo” (cit. TRC).
I primi km sono tra le strade del paese, mi sento bene. anzi, mi sento in gran forma! Dei dubbi della sera prima nemmeno l’ombra e va benissimo fino al terzo km, quando sento un dolore intenso dietro la coscia sinistra. Dario che era con me si rende conto che qualcosa non va e mi chiede se voglio fermarmi. Cammino qualche secondo, qualcosa dev'essere successo ma no, non voglio fermarmi, non posso ritirarmi ora al terzo km, non se ne parla. Arriviamo al primo ristoro, poi si vedrà.
Da lì in poi è tutto un tira e molla, prima è avanti Dario poi sono avanti io e via così fino al 21° km attraverso paesaggi fantastici e correndo su terreni di ogni tipo affrontando salite, sentieri tecnici di roccia, salite, single track nel sottobosco, ancora salite, forestali fangose, sempre salite, canyon di roccia e di nuovo salite.
Sono stupito. Nonostante il dolore che mi porto dal km 3 sto andando bene, non mi sento particolarmente affaticato e quando sono quasi al trentesimo km, ecco davanti a me il ristoro che dovrebbe trovarsi tra il km 29 ed il km 30. Sono lì che inizio a tirar fuori il bicchierino da trail, quando dal sottobosco esce un cane, anche lui corre verso il ristoro, peccato che non mi veda ed infilandosi tra le mie gambe mi fa volare a terra.
Per fortuna non è niente di grave (un livido e qualche escoriazione), vengo immediatamente soccorso dai volontari del ristoro ed in 5 minuti sono di nuovo in strada. Ancora qualche km e mentre sono lì a ragionare sul dislivello che manca e i km che devo ancora percorrere prima di raggiungere il traguardo, entro in una sorta di trance senza rendermi nemmeno conto di percorrere altri 7 km. Torno al presente e sono al 37° km, sono passate poco meno di 5 ore, non manca molto, circa 8 km e 500D+, sono un po’ stanco, ripenso al Lagorai ed ho voglia di riscatto. Con questo pensiero tiro dritto ignorando il dolore che mi porto dal terzo km, la fatica che inizia a farsi sentire ed i quadricipiti che ormai mi insultano per lo sforzo a cui sono sottoposti (sia in salita che in discesa).
Arriverò al traguardo in 6h11’31” felice come un bambino che ha passato una giornata nel miglior parco giochi del mondo e come se non bastasse scopro che qui, alla Ronda Ghibellina, hanno un’usanza diversa dal solito: al posto della solita medaglia da finisher ti danno un boccale di ceramica, pieno di birra!
Non mi resta che sedermi vicino all’arrivo, sorseggiare la birra ed aspettare i miei compagni per festeggiare il loro di arrivo.
Il primo ad arrivare sarà Marco, seguito da Dario ed a chiudere il gruppo, Carletto.
Queste sono le avventure che ci piacciono, questo è quello che mi fa stare bene.
Al netto del mio non saper scrivere, mi rendo perfettamente conto di quanto, questo breve racconto non possa rendere giustizia all’avventura che abbiamo vissuto, che si è completata esattamente nel preciso momento in cui stanchi, sudati ed ammaccati ci siamo abbracciati subito dopo aver oltrepassato la linea del traguardo.
Mi chiedo se abbia senso tentare di trasmettere ciò che ho sentito e vissuto in questa giornata. Ho corso, questo è poco ma sicuro, ma forse la vera essenza, la bellezza di quello ho sentito, non può essere raccontata a parole. Resterà tutto custodito dentro di me, nei miei muscoli, nei miei tendini, nel mio cuore e nei miei polmoni ma, di una cosa sono sicuro e questa ve la posso dire:” è in giornate come queste, passate fuori a correre e a faticare che riesco a far pace con la vita”
Ci vediamo lungo la strada!